lunedì 29 agosto 2011

Pietre coreane/4


Per leggere la terza parte: http://strane-storie.blogspot.com/2011/08/pietre-coreane3.html

Quarta parte
Tutta quella confusione non mi aiutava a riflettere. Mi alzai e cercai di chiamare Matteo al cellulare ma non mi rispose. Decisi di tornare stancamente alla Samco. Passeggiando nel Salone delle Voci avrei disteso i nervi e trovato un po’ di pace.
Ma non fu così.
Camminando avevo la sensazione di essere inseguito. Deviai in una piccola via laterale e intravidi una figura alle mie spalle.
Deglutii e mi voltai.
La figura era scomparsa.
Incerto ed impaurito ripresi la strada verso casa, voltandomi ogni tanto per capire se venivo ancora pedinato. (Chi sei? Cosa vuoi?)
Arrivato alla Samco trovai Matteo sul piazzale fuori (lui lì dentro non entrava mai, neanche a pagamento) che si sfogava imprecando e prendendo a sassate un cassonetto dell’immondizia.
“Quel pezzo di merda…” mi salutò.
“Tu lo hai provocato.” Notai che le Voci erano più forti del solito quella sera. Si sentivano persino fuori da lì.
“E’ vero, io in passato ero uno come Jack Bicipite ma sono anni che ho smesso. Eppure sembra che uno non si libera mai dalle proprie colpe.”
“Su non dire così” tentai di consolarlo. “Ti riscatti ogni giorno aiutandomi a combattere quelli come Jack Bicipite.”
Mugugnò poco convinto. Mi tornò in mente il Brutto Episodio e una nube malinconica mi sorvolò l’anima.
“Vuoi entrare dentro?”
Matteo si spostò di qualche metro poi un urlo acutissimo gli fece cambiare idea: “Sai che non posso. I gas…”
“Capisco” risposi. Lo ascoltai con pazienza mentre si sfogava. Poi al tramonto tornò a casa e io mi diressi nei sotteranei. Riflettere era impossibile. Nel Salone le Voci sembravano impazzite. Giocai un po’ con Dylan, poi mi decisi a salire per capire la ragione di tanto baccano.

“UCC JA” “UCC” “UCC” “JAC” “UCC” “COR” “JAC” “JAC” “UCC” “U” “CC” “UCC”

Quelle strane scritte con lo spray blu ricoprivano quasi tutto il muro. Era entrato qualcuno quella notte. Le Voci ululavano e protestavano per la profanazione.
Le scritte era tremolanti e sbilenche, oltretutto non avevano alcun senso. O l’autore era ubriaco o non riusciva mai completare la frase perché ogni volta veniva interrotto dalla paura delle Voci.

Optai per la prima scelta e trascorsi la mattinata a pulire il Salone.

Poco dopo ritornò Matteo. Mi consegnò l’indirizzo dove viveva Jack Bicipite. Non mi stupì scoprire che stavamo parlando del quartiere aristocratico.

Quella notte stessa uscii di nuovo. Le Voci non gradirono la cosa urlando disperate,  temendo anche nuove intrusioni in mia assenza.
A passo veloce attraversai tutta la città. Era una notte tranquilla, il cielo era pulito e s’intravedevano le stelle oltre l’arancione dei lampioni.
A quella via trovai una villa elegante circondata da un giardino profumato. La luna si specchiava nella piscina.
Le finestre erano tutte spente, tutti dormivano.
Potevo entrare in azione.
Giunsi le mani come stessi pregando. Poi lentamente staccai le mani mantenendole però parallele. Poi le ricongiusi e le ristaccai. Ripetei quell’operazione quattro volte.
Si aprì uno schermo nell’aria.
Con le dite vi scrissi:
“JACK BICIPITE”

Tutto si fece buio intorno a me.
Mi risvegliai in un raffinato salotto. Ero dentro la villa. Ora doveva raggiungere il punto esatto della casa dove si trovava il ragazzo in quel momento. Unii perciò le mani e ripetetti tutte le manovre finchè non mi ritrovai nella sua cameretta.
Jack si era addormentato vestito mentre guardava qualcosa in tv. Aveva i capelli neri gelatinati verso l’alto, la faccia contratta, un vistoso tatuaggio sulla spalla.
Spalancai le braccia sopra di lui.
Jack era sveglio e camminava accanto a me. Io ero altissimo e lui piccolo piccolo. Si guardava intorno confuso e spaventato.
Una pioggia di sassi e pietre iniziò a cadere.
Jack correva e urlava ma le pietre lo inseguivano ovunque.
Alex giaceva insanguinato in un angolo.
Le pietre urlavano “Anche tu! Anche tu! Anche tu!”
Jack correva e urlava.
Le pietre aumentavano e lo inseguivano ancora. Jack cadde a terra implorando pietà.
Il cielo diventò viola. Jack si risvegliò in un giardino giallo con un laghetto azzurro al centro.
Si specchiò nell’acqua e l’acqua assunse un color rossastro.
La sua bocca perdeva sangue.
Tornarono a cadere pietre.
Alex era ora un gigante mostruoso e lo inseguiva. Dietro di lui lo seguivano altre sue vittime. Più si avvicinavano e più s’ingrandivano.
Jack cadde a terra senza più parole.
Alex lo raccolse e iniziò a torturarlo.
Anche gli altri si unirono a lui.
Jack implorò ancora pietà. Aveva tutto il corpo ricoperto di sangue. Sangue che colava da ferite lunghe dalla testa ai piedi.
Un urlo disperato squarciò il tutto.
Jack Bicipite si era svegliato.
Sudava e piangeva. Si controllò la pelle, ma non aveva ferite. Rassicurato si gettò sul cuscino e riprese fiato.
Decisi che per quella notte era sufficiente così e me andai.  

Alla Samco notai con sollievo che non c’erano state nuove intrusioni. Poco dopo si presentò il Giornalista.
“Oh! Finalmente! Non ne potevo più di aspettare! Questo posto è inquetante di notte…e poi quelle Voci! Ma come fai a sopportarle?”
Lo guardai stupito. Non era da lui aspettare così tanto.
“Stavo lavorando.”
“Beh in agenzia hanno lasciato questo foglio per te.” –si massaggiò un timpano– “ma come fai a sopportarle?”
“Qualcuno è entrato qua” –bofonchiai leggendo il messaggio battuto al computer– “e sono arrabbiate”
 So che tu combatti i prepotenti. Nessuno è più prepotente di Jack Bicipite. Se davvero li combatti devi combatterlo e ucciderlo. So che sai quello che ha fatto. Abita in Viale Gelsomini 23. Un amico
A penna avevano aggiunto frettolosamente: “Mi dispiace se ho sporcato il suo muro.
“Ti ringrazio per la pazienza” –lo guardai– “Ma immagino che non hai aspettato così tanto solo per darmi questo messaggio vero?”
Mi salutò incerto: “Devo andare”
“Aspetta!”
Silenzio.
“Che succede?” domandai.
 “M-mi dispiace”
“Non devi chiedere scusa a me”
“Ciao Urano” e se andò.
Trascorsi la notte cercando di capire chi fosse l’Amico del Messaggio. Alla fine mi convinsi che non poteva essere altri che Alex.

Quinta parte
L’indomani Jack si recò con il motorino nella piazza principale. Si buttò su una panchina annoiato, in attesa di qualcosa o forse del niente.
La paciosa aria del mattino lo fece assopire.
Riaprì gli occhi sbattendo le palpebre.
Alex era accanto a lui.
Jack urlò.
Era solo.

Al rientro trovai sul muro esterno una nuova scritta: “URANO BASTARDO! DEVI UCCIDERLO!”
Alex iniziava a stufarmi. Lui e la sua famiglia neanche avevano voluto denunciarlo e veniva a deturparmi ogni volta il mio muro. Non potevo occuparmi di lui, avendo altro cui pensare. Se chiamavo Matteo, lui sarebbe stato ben felice di pedinarlo e coglierlo con le mani nel sacco alla prossima scritta. Ma quello era di nuovo in bilico con la scuola e rischiava un’altra bocciatura. Meglio lasciar perdere. “La scuola è importante” diceva sempre il mio Inventore. “Ma quello era uno dei peggiori secchioni della storia” mi rispondono ogni volta che lo cito.

Jack Bicipite fu davvero un tipo tosto. Scavando nel suo inconscio scoprì altre vittime del passato e anche quelle tornarono a torturarlo ogni notte. Alex diventò una presenza fissa della sua giornata. Lo vedeva ovunque. Si muoveva inquieto e nervoso, sentendosi un po’ cretino. Diede la colpa di tutto quello al fumo, poi allo stress, alla famiglia, alla televisione, alla sua infanzia infelice e infine alla società. Ma queste giustificazioni non reggevano neanche con sé stesso.
Quella sera era stato invitato ad una festa in discoteca. Era il re delle serate in città, una festa non era una vera festa senza di lui.
Ma era troppo stressato (e impaurito) per andare. E se quelle allucinazioni si sarebbero verificate anche lì, davanti a tutti?
Prese il telefonino e mandò un sms per disdire.
Alex lo derideva.
Si alzò e tentò di prenderlo a pugni ma quello gli sfuggiva sempre.
“Pensi di farmi paura?” urlò. Quindi prese a pugni l’armadio e iniziò a cercare qualcosa per la serata.

Teso e impacciato si lavò, si vestì e sistemò i capelli. “Vedi che non mi fai paura” borbottava ogni tanto. Alex, in effetti, non si vide per tutta la preparazione e la cosa lo rassicurò. Forse lo aveva sconfitto.
Lanciò uno sorriso maligno allo specchio e al posto della sua faccia vide il volto di Alex.
Spaccò lo specchio con un pugno.
Le nocchie erano ferite e perdevano sangue. Imprecando le baciò e le carezzò, aspettando che la mano si cicatrizzasse. Guardò lo specchio ferito, era un bel guaio ma tanto lo sapeva che i suoi non avrebbero osato lamentarsi. I poveri piangono per le cose rotte, i benestanti come loro potevano ricomprarle.  

La familiare musica ripetitiva e assordante della discoteca lo rassicurò; di Alex non c’era neanche l’ombra, dopotutto quella era una super festa in un super locale. Non era quello il luogo e l’ambiente adatto per un simile sfigato ciccione.

Si lanciò sulla pista e iniziò a saltare frenticamente in mezzo alla calca. Chiuse gli occhi e li riaprì. Sorridendo (Alex non c’era), addocchiò una bella ragazza che beveva un superalcolico al bar. Lei sembrò accorgersi dello sguardo. Si scambiarono un’occhiata maliziosa.
Jack si guardò intorno. Nessuna traccia di Alex.

I salottini con il divano del secondo piano era riservati a chi pagava di più come in tutti i locali. Ma Jack Bicipite era Jack Bicipite. Il gestore gli diede le chiavi senza fiatare e la coppietta si appartò lì. Alex non c’era e la serata stava andando bene.

Si sdraiarono sul divano e si baciarono. Jack riprese fiato e constatò con piacere che il volto della ragazza non si era trasformato in quello di Alex. (E se fosse Alex travestito da donna?)
Ridacchiò per quello stupido pensiero e riprese a baciarla.
La ragazza gemeva sotto di lui. (Lo so…sono un maestro piccola!)
(E’ Alex travestito da donna!)
E se fosse davvero così?
Lasciò scivolare una mano fra le sue mutande e si accertò che non era Alex.
Tranquillizzato si lasciò andare.

Scaricata tutta la tensione che aveva accumulato in quei giorni, Jack si rivestì e insieme alla ragazza uscirono dal salottino per tornare ognuno alla propria vita. Scese la piccola scaletta circolare che li conduceva alla pista e osservò le teste che saltavano e ballavano.
Alex.
Una fitta di terrore gli attraversò il corpo. Ancora lui?
Le teste sotto di lui ancora saltavano e ballavano mentre lui sveniva sulle scale. Se ne accorse un bodyguard che se lo caricò e lo trascinò maledicendo la droga e i giovani d’oggi. Quel locale aveva disposizioni precise in questi casi: i ragazzi venivano portati in quello che veniva chiamato il Reparto di Rianimazione. Era una stanza dove alcuni infermieri, assoldati di nascosto, cercavano di recuperare i casi critici senza dover ricorrere all’ambulanza. Bisognava salvare il buon nome del locale prima di tutto.

Jack capì subito di essere finito alla Rinaminazione. La conosceva già. Ma Alex non c’era.
L’infermiere che gli somministrava qualcosa, lo guardava con disprezzo.
“Guarda che non sono drogato”
L’infermiere non rispose.
“Io sono capace a regolarmi. E’ solo che da qualche tempo c’è…una cosa…che mi da’ fastidio.”
“Certo” gli rispose indifferente.
Jack si alzò per protestare ma era troppo debole per farlo.
“Ti senti bene?” gli disse una voce con dolcezza.
Jack alzò gli occhi e riconobbe la ragazza con cui aveva fatto l’amore poco prima. Stava rinunciando alla festa per stargli accanto.
Il ragazzo si commosse. Era poco abituato ai gesti d’affetto. Scoprì con dolore che non si ricordava neppure il suo nome. Forse neanche glielo aveva chiesto.
“Ti giuro” –gli disse scusandosi– “che non mi sono preso niente.”
La ragazza gli accarezzò il volto: “Non preoccuparti. Non devi giustificarti.”
La musica house rimbombava fuori dalla Rianimazione. Tunz tunz tunz. Come i loro cuori in quel momento.
Jack decise che era giunto il momento di aprirsi. Se avesse tenuto ancora dentro di  sé quell’angoscia sarebbe esploso.
“Ma tu a questo Alex hai fatto qualcosa?” le disse lei.
“Beh ecco io” borbottò Jack. Alla fine disse la verità: “Non lo so che avevo quel giorno.”
“Forse il tuo è semplicemente senso di colpa. Forse se vai dalla polizia e confessi tutto starai meglio.”
Jack rimase a fissare gli altri disperati nel Reparto. Come si era ridotto. Pensò a come sarebbe stato ricominciare ripartendo dai suoi errori, dal suo passato.
“La gente ti condanna per sempre” mormorò Jack poco convinto.
La ragazza non gli rispose. Il suo volto assunse un’espressione malinconica. “Tutti sbagliano. Sbagliamo perché siamo umani. Ma penso che ripartire imparando e rimediando ai propri errori sia sempre la cosa migliore da fare”.

Jack le sorrise: “Sei molto saggia. Come sei finita qua dentro?” concluse, allargando le braccia fra la tristezza della Rianimazione.
“Adesso devo andare” disse la ragazza. Lo baciò, si alzò e se andò.
“Aspetta” la chiamò Jack. Quando la ritrovava più una così?
“Aspetta”. Lei non lo sentì. Maledetta musica.
Si alzò e uscì dal Reparto. “Sto bene, mai stato così bene” fece all’infermiere.
Ma lei era sparita.

Jack iniziò a correre fuori dal locale. Non c’era nessuno. Chiese al buttafuori se l’avesse vista e gliela descrisse nei minimi particolari.
“Mi dispiace ma non ci ho fatto caso.”
Rientrò e iniziò a cercarla. Tutti a saltare, a dimenarsi in quella maniera così stupida, ma lei dov’era?
Salì sulla scala a chiocciola. Forse dall’alto avrebbe saputo distinguere la sua sagoma.
Niente.
Scendendo incrociò un suo amico.
Lui lo guardò preoccupato
“Cosa cazzo vuoi!” gli gridò Jack.
“Calmati! Vedo che ti sei ripreso. Ma cosa ti eri fumato?”
“Ma niente! Adesso lasciami sto cercando una che ho conosciuto prima!”
“Non sapevo si rimorchiasse pure in Riaminazione!”
“Fanculo”
“Oh calmati!” lo strattonò l’amico bestemmiando: “Ma che ti hanno dato lì dentro? È colpa mia se appena sei entrato in discoteca, ti sei sentito male e ti hanno portato via?”
Ma cosa stava dicendo? Ricordava bene nei minimi dettagli che prima di entrare lì aveva conosciuto quell’angelo.
Imprecò contro di lui e continuò a cercare. Scoprì poco dopo che ricordava male:  aveva passato l’intera serata nel Reparto. L’angelo era stato solo un bellissimo sogno.

Ma cosa credevate? Che il vostro Urano agisse soltanto attraverso incubi e orrori?

La polizia verbalizzò la denuncia di Jack Bicipite alle ore nove e venticinque del mattino.
Jack si auto-accusò dell’aggressione ad Alex e di altri episodi di bullismo e violenza contro persone e cose. 
Agli agenti svutò il cuore e la coscienza e mi sembrò persino pentito. Ero soddisfatto. In ogni caso il mio compito si concludeva lì. Alex aveva avuto giustizia e  non mi era permesso interferire oltre con le anime degli altri.

La doccia fredda arrivò diverse ore dopo servendosi di una mail del Giornalista.
Ciao Urano, ti allego questo articolo che NON ti farà piacere leggere

Continua...

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