martedì 4 settembre 2012

Fingersi morta su Facebook

Il sorriso di Alessia Calvani,
l'ultima vittima delle strade pontine
In questi giorni l'Agro pontino è in lacrime. A Latina Scalo, un pirata della strada ha investito e ucciso Alessia Calvani, quindici anni. L'assassino è fuggito senza prestare soccorso e la polizia, ora, lo sta cercando. 

Nelle ore della tragedia, qualcuno ha creato su Facebook, una pagina dedicata alla ragazza. Ormai è diventata una consuetudine, un po' ipocrita e un po' sincera: si apre qualcosa sui social network e per qualche giorno, chi vuole, va lì e sfoga il suo dolore, condivide i suoi ricordi, urla contro un Dio che permette tutto questo o si rassegna alla crudeltà della vita. Ogni epoca ha i suoi modi per piangere, la nostra -giusto o sbagliato- piange così.  

Quella pagina su Alessia Calvani, però, si è contraddistinta subito per una macabra caratteristica. L'amministratore (o l'amministratrice) ha finto di essere la povera ragazza ormai defunta che scriveva dal Paradiso e ha iniziato a postare decine di messaggi.

Saluti a parenti e amici, descrizioni dei momenti dell'incidente con le presunte sensazioni provate fra l'impatto con l'asfalto, il coma e la morte. Persino l'invito a partecipare al proprio funerale.

Naturalmente la pagina ha suscitato la reazione furibonda di molti utenti di Facebook che non hanno, giustamente, gradito tanto orrore. Chi gestisce la pagina, allora, ha iniziato a cancellare i post: spinto forse più che dal rimorso, dal timore che il social network californiano elimini tutto.

Chi c'è dietro? Un mitomane? Un pazzo? 

Probabilmente è solo un preadolescente che non si è neanche reso conto di quello che ha fatto. In molti, fra quella generazione, sarebbero disposti a tutto, pur di catturare un "like". Creano decine di pagine, inseguendo la moda o il caso del momento e poi spammano ogni angolo di Internet per farsi pubblicità. 

Esiste persino un mercato fittissimo: come fossero figurine, ci si scambiano, ad esempio, i cinquecento "mi piace" di una pagina X e si ottiene in cambio la nomina ad amministratore della pagina Y che magari ha toccato quota mille. Non mancano i furbi che rubano le pagine altrui, scatenando liti e psicodrammi. In genere l'età media di chi passa le giornate così ruota intorno ai tredici-quattordici anni, età in cui tutti siamo normalmente più idioti del normale.

Anche a tredici anni, però, si conoscono certi limiti morali, certe barriere invalicabili. Si capisce che esiste una vita reale, un dolore reale e quelle finte lacrime virtuali potrebbero facilmente ferirlo. Si capisce che con la morte non si può giocare. O almeno si dovrebbe capirlo.

Quanto è profondo il vuoto interiore di chi, pur di ricevere attenzione, si finge una ragazza deceduta? E' solo immaturità o solitudine? E i grandi dove sono? Sono solo capaci di segnalare la pagina, di fare i moralisti e di scuotere la testa sulle generazioni perdute? 

Si ringrazia Sara Suraci per la collaborazione.

4 commenti:

NO TROLLING!