sabato 27 agosto 2011

Pietre coreane/3


Terza parte
Chiara ascoltò la storia e andò subito su tutte le furie com'è nel suo carattere, chiamò subito il Giornalista e gli ordinò di precipitarsi alla Casa Abbandonata, dove trascinò anche me.
Detestavo lavorare sui casi così caduti dal cielo. Chissà chi c’era dietro, chissà chi fosse Alex, chissà chi fosse il tipo muscoloso. Di solito la gente veniva da me e mi chiedeva aiuto. Così era tutto complicato.
Ma non potevo neanche girarmi dall’altra parte e far finta di niente. Come avrei potuto ancora guardarmi allo specchio? Avevo già abbastanza rimorsi.

Così convocai la mia squadra che poi erano solo loro tre: Chiara, il Giornalista e Matteo. Il Giornalista confermò che in redazione non era mai arrivata nessuna notizia del genere. Evidentemente Alex non aveva raccontato a nessuno di tutto ciò.
“Ma no ragazzi” –intervenni– “era così malandato che come minimo hanno dovuto portarlo all’ospedale.”
“Potrebbe aver raccontano di essere caduto o qualcosa del genere” disse saggiamente il Giornalista.
“Si, potrebbe essere andata così!” esultò Chiara guardandolo con occhi languidi.
Il Giornalista ricambiò con un timido sorriso.
“Patetici” borbottò Matteo. “Si sono messi insieme finalmente?” mi domandò sottovoce.
“Credo ancora di no.”
“Idioti.”
“Hanno i loro tempi.”
“Ma è almeno un anno! Io di solito ci metto quattro giorni, una settimana al massimo.”
“Si ma tu le lasci anche dopo una settimana.”
“Non prima di averle fatte felici” sorrise malizioso.
Gli mollai una sberla sulla nuca e gli chiedo se ha capito chi possa essere il tizio muscoloso.
“Beh ce ne sono di soggetti così. La città ne è piena.”
“Ma se Alex” –si intromise Chiara– “ha così tanta paura di lui significa che è un tipo potente.”
“Molto astuta complimenti!” –ironizzò Matteo– “non ci sarei mai arrivato!”
“Vaffanculo!” 
“Però non ha tutti i torti” –intervenni prima che iniziano a insultarsi a vicenda.
 “Beh posso informarmi.” concluse Matteo.
“Anche io cercherò informazioni” rispose il Giornalista cercando di nuovo lo sguardo dolce di Chiara.

Pochi giorni dopo vidi per la prima volta il povero Alex. I ragazzi non avevano trovato ancora nessuna novità; una strana angoscia interiore dovuta a quel silenzio mi aveva spinto a tornare di nuovo in quell’anonima piazzetta di periferia. Aspettava l’autobus e lo riconobbi subito, malgrado lo sguardo triste e la paura tipica di chi sta sempre con la testa abbassata.
Alzò lo sguardo e mi vide guardingo. Notai sul viso le tracce dell’aggressione. Tentai di dirgli qualcosa ma le parole mi si bloccarono in gola.
Il rombo di uno scooter lontano squarciò il silenzio. Il ragazzo sobbalzò. Sudava e con un fazzoletto di carta si asciugò la fronte.
Si accorse che lo guardavo e mi lanciò un’occhiataccia.
“N-non voglio farti del male” tentati goffamente di tranquillizzarlo. Allungai la mano e mi presentai: “Mi chiamo Urano. Come il pianeta.”
Alex mi osservò preoccupato. Iniziò ad allontarnarsi guardingo. Lo presi per un braccio, tentando di fermarlo.
 “Lasciami, lasciami, lasciami in pace! Non voglio, capito, non voglio!”
“Ma no, io…”
Alex iniziò a fuggire, scappò verso casa sua.
Restai interdetto, poi decisi di seguirlo.
Alex se ne accorse e corse ancora di più urlando, poi giunto a casa si nascose dietro sua madre.
La donna mi guardò furiosa: “Cosa vuole da mio figlio? Si vergogni!”
“Signora” –le parlai cercando di restare calmo– “non avevo cattive intenzioni. Mi creda.”
Sfruttando il suo attimo di indecisione le consegnai il bigliettino da visita dell’agenzia: “Io ho saputo della brutta storia di suo figlio e vorrei aiutarvi.”
La donna osservò sospettosa il biglietto: “N-non capisco di cosa sta parlando”.
“Signora a che serve far finta di niente?”
“Ma lei chi è? Un avvocato? Uno psicologo? Vuole spillarci dei soldi? Non possiamo fare niente, quelli hanno il coltello dalla parte del manico, se ne vada o mi metto ad urlare che ha importunato mio figlio.”
“Signora se vuole le spiego. Vede io sono un…io lavoro in questo settore da molto tempo e…”
Il cancelletto mi fu sbattuto in faccia.
“Qualche problema?” mi domandò minaccioso un tizio alla guida di un SUV.
Non risposi e mi allontanai velocemente.

Fu Matteo a scoprire l’aggressore di Alex: “Brutta storia Capo” mi disse con un’irritante voce da detective televisivo.
“Alex ha tredici anni, frequenta la seconda media, è un tipo timido e tranquillo. Il giorno dell’aggressione stava aspettando l’autobus per andare a lezione di chitarra, il suo più grande hobby. Da allora però non suona più la chitarra.” concluse con un tono tragico.
“Piantala!”
 “Si Capo. Comunque proprio quel giorno, per sua sfortuna, la banda di Jack Bicipite non aveva niente da fare. Vedono quel tipo con la chitarra e decidono di prenderlo a sassate.”
“Jack Bicipite?”
“Si vergogna del suo vero nome e così si fa chiamare Jack in onore di Jack lo Squartatore. Bicipite è stato aggiunto dopo perché dovunque va mostra sempre i suoi muscoli.”
 “Jack…Jack…Jack Bicipite” iniziò a ragionare Chiara “Non ricordo nessun imbecille con questo nome. Quanti anni ha?”
 “Diciassette. In teoria va al liceo ma non lo frequenta molto. E invece te Giornalista hai trovato qualcosa?” lo sfidò provocandolo.
Il Giornalista lo mandò a quel paese sotto voce.
Matteo continuò a stuzzicarlo: “Quando è stata l’ultima volta che hai trovato qualcosa?”
Il Giornalista ruggì sottovoce. In altre occasioni avrebbe lasciato correre. Ma quella volta c’era anche Chiara.
Si alzò in piedi: “Io non trovo mai niente perché non frequento la feccia come fai te! E non l’ho mai frequentata”.
Matteo smise di ridere. Il volto s’incupì: “Feccia sarà tua sorella! Stronzo!”
Il Giornalista si alzò di nuovo in piedi: “Ma stai zitto! Sei solo un montato! Fino a ieri facevi lo zerbino agli sfigati come Jack Bicipite! Non dovresti neanche starci qui!”
“Sei un pezzo di merda!” urlò Matteo rovesciando una sedia. Il Giornalista lo guardò furioso, mentre la mascella gli tremava. Strinse i pugni. Avrebbero regolato i conti una volta per tutte.
 “Smettila!” gridò Chiara al Giornalista, rimproverandolo.
“Ma” –protestò il Giornalista– “è lui che ha iniziato!”
Matteo, ferito nel suo orgoglio, si allontanò e uscì dalla Casa Abbandonata. Il Giornalista continuò a bisticciare con Chiara su chi fosse il responsabile di tutto quello che era successo.

Continua...

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