venerdì 6 aprile 2012

Lacrime dalla montagna (L'Aquila 2009-2012)

Nel 2009, dopo il terremoto dell'Aquila scrissi quest'articolo. Oggi, Venerdì Santo, sono passati esattamente tre anni dalla tragedia. Dopo tante promesse, tante chiacchiere, tanta ipocrisia, tante vergognose speculazioni elettorali ed edilizie, oggi la ricostruzione procede a rilento. Pasqua è vicina ma la Resurrezione degli abruzzesi è ancora lontana. Voglio allora proporre questa nota scritta l'indomani della tragedia: è un piccolo omaggio ad una terra forte ma abbandonata e un modo per chiedere scusa per aver contribuito, nel mio piccolo, a far dimenticare L'Aquila e la sua tragedia.


Dicono che nei boschi dell'Abruzzo abitino le fate e gli gnomi. Chissà se almeno le loro case incantate sono sfuggite alla furia della Terra che ha dimostrato, ancora una volta, l'infinita fragilità dell'uomo. Passano i secoli, la scienza e la tecnologia volano, ma bastano ancora venti infiniti secondi a spezzare vite, sogni, speranze, illusioni. Venti secondi e cadono giù -come fossero di pastafrolla- i palazzi moderni e le casette medievali; Venti secondi e i giorni cambiano per sempre. Il mondo e l'Italia guardano allibiti, non bastano le parole per commentare i corpi, bianchi come se infarinati che escono dalle macerie; o i feriti che escono nudi o in pigiama perché la sciagura è arrivata alle tre del mattino e non ha dato il tempo di indossare vestiti decenti; ha fatto il giro del mondo la foto di una donna in vestaglia, coi i capelli biondi e gli occhi gonfi di pianto; o ancora il futuro pieno di sogni dei giovani universitari sepolto per sempre sotto la Casa dello Studente, che qualche irresponsabile ha costruito "dimenticandosi" che da quelle parti la terra trema spesso. Anche l'ospedale è pericolante, i feriti li hanno curati per ore nel piazzale antistante. Sono finite le bare nel paesino di Onna -nemmeno una casa è rimasta in piedi- troppi morti in un giorno per un villaggio sperduto. I vecchi, avvolti nelle coperte, osservano scossi la desolazione, hanno il volto rugoso e scavato e lo sguardo forte di che ne ha passate tante. Dalle macerie arrivano tante notizie: una madre si è sacrificata per salvare la figlia di due anni, una storia antica e commovente; un cane continua ad abbiaiare davanti alla sua casa distrutta, non lo sa che i suoi padroni sono morti; una ragazza viene estratta viva dalle macerie in diretta tv, salvata da una trave in cemento armato; ci sono nonne che hanno perso i nipotini e piangono, perché non sanno che altro fare. Piangono i boschi, dove l'aria profuma di resina. Piange il cielo limpido delle altitudini. Piangono le pietre. Piange la montagna. Piangono anche le fate e gli gnomi. Neanche i loro incantesimi hanno potuto fermare la terribile voce della Terra. 

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