martedì 29 maggio 2012

Filosofia del baratto

Baratto.
Uno storico pensa al Neolitico: uomini che vivevono nelle caverne con le loro donne barbute, agli inizi della storia unama, un'epoca remota quando con un po' di grano compravi una capra e viceversa. 
Un sorcino, invece, pensa a Renato Zero e alla sua omonima canzone: "se ti do il pelo tu che ci fai? nananananana". Anche qui, musicalmente parlando, un'epoca remota (oggi chi canta così beffardamente il sesso?).
Certi politici penseranno che il baratto è in fondo la loro vita. Do ut des è l'immancabile frase fatta che regola l'esistenza di Parlamenti e consigli comunali. Io ti do un voto e tu mi da un assessorato. O un ministero. Un appalto e assumo tuo figlio. Ti porto 300 voti ma voglio una poltrona.
Certe donne (non barbute) ci ricordano che, con il baratto, hanno scalato il mondo. Basta chiudere gli occhi, trattenere il respiro, un po' di pazienza mentre il letto cigola e poi si può ottenere tutto. Una fiction Rai, una casa all'Olgettina, un posto in consiglio regionale.

Qualcuno, invece, crede che in una società intossicata dai discendenti del Baratto: il Denaro e la Finanza, proprio con il Baratto, possiamo tornare a respirare. Bisogna però purificarsi di ogni logica utilitarista. Un ribaltamento totale: non più barattare per ricevere, ma barattare per donare.

In un sistema del genere, non esistono ricchi e poveri, perché nessuno è così povero da non avere qualcosa di buono e positivo da donare e nessuno è così ricco da non aver bisogno di niente. Un sistema in cui tutto perciò sono utili e nessuno viene scartato. E' questa la filosofia del Buon Baratto. Ricorda un proverbio che, ripete, riguardo al sorriso, lo stesso concetto del ricco e del povero.
Non a caso, la Filosofia del Buon Baratto è la Filosofia del Sorriso. :-) 





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