Se la civiltà di un Paese si misurasse dalle condizioni delle sue carceri, l’Italia faticherebbe a definirsi un Paese civile. Il sistema, come raccontano le cronache, è al collasso: troppi detenuti (un'eccedenza di 20.000 unità secondo i dati del Ministero della Giustizia) per le celle disponibili, degrado totale, condizioni umane al limite. L’anno 2011 ha visto un aumento vertiginoso dei suicidi o dei tentativi di suicidi. I carcerati sono costretti a trascorrere la loro giornata in stanze vecchie, umide e sovraffollate. Stanze di pochi metri quadrati da condividere con altri otto-nove-dieci esseri umani per quasi tutte le 24 ore della giornata. Fuori dalle gabbie, le attività previste sono infatti poche o nulle malgrado il diritto alla rieducazione sia garantito dalla Costituzione. E chi non ha alle sue spalle una famiglia, un amico, qualcuno che si prenda cura di lui è solo, completamente solo e abbandonato a sé stesso. Non serve una profonda empatia per intuire la disperazione di queste persone e comprendere il numero sproporzionato di suicidi. Una situazione drammatica che penalizza soprattutto gli stranieri: i più soli di tutti perché magari quel qualcuno che badi a lui l’avrebbero pure ma vive a migliaia di chilometri di distanza. La solitudine in carcere non svuota solo l’anima ma rende complesso poter rispondere anche a molti bisogni corporali: nessuno, per esempio, ti porterà la bancheria intima se quella che indossi si rompe, si logora o si è dispersa in qualche trasferimento, nessuno ti porterà dei vestiti nuovi, decenti e comodi per la dura vita della prigione, nessuno ti porterà prodotti per la pulizia e l’igiene. La casa circondariale di Latina purtroppo non fa eccezione. Ma se altrove alle carenze del sistema arriva il soccorso del volontariato, Latina registra un record molto triste: in tutto il carcere c’è un’unica volontaria. Una sola, la stessa da vent'anni a questa parte. Una piccola signora che vive a Borgo Podgora. Il resto dei suoi 120.000 concittadini (o 500.000 se vogliamo estendere la statistica della vergogna a tutti gli abitanti della provincia) preferiscono affondare felici nella loro indifferenza, rifugiarsi nell’ipocrisia delle loro convinzioni: “non meritano niente” –è il luogo comune più diffuso– “sono solo dei criminali”, “hanno fatto del male ed è giusto così” e ancora “Alle vittime dei loro reati? A loro chi ci pensa?” Affermazioni miope e limitate, come sempre, quando si ragiona partendo dai pregiudizi. Perché se è giusto punire chi infrange la legge, è altrettanto giusto rispettare la loro dignità. E dicono le statistiche, più un sistema carcerario è a misura d’uomo, minore sarà la probabilità che una volta liberati, gli ex detenuti tornino a delinquere. E infine non tutti sono criminali. Almeno il 50% dei carcerati, dopo i tre gradi di giudizio, viene riconosciuto innocente dalla giustizia. Anche chi subisce ingiustamente la galera merita di vivere così, in quelle terribili condizioni?
Ottimo, davvero un bel articolo... Forse un po' troppo duro, ma purtroppo è così la realtà dei fatti... Ancora complimenti.
RispondiElimina