
venerdì 23 dicembre 2011
Ma un giocatore lo vedi dal Coraggio. La storia di Simone Farina.

domenica 18 dicembre 2011
Nel nome del cemento, l'ex Mulino sotto assedio
Guardate la foto qui affianco. Il volto di una misteriosa Santa spicca all'improvviso fra i pezzi d'intonaco che cadono, i fili della corrente, il degrado più assoluto. La donna ci guarda stupita e preoccupata. È ritornata alla luce, dopo essere rimasta per secoli sepolta sotto la calce e l’indifferenza. Piombata nel futuro all’improvviso come in un film, sembra chiedersi cosa ne è stato del suo mondo. E soprattutto perché sia stata dimenticata da tutti. Purtroppo per lei si trova in Italia e il suo Paese non vuole spendere soldi e tempo per l’arte (“con la cultura non si mangia” affermava sprezzante l’ex ministro dell’economia). E purtroppo per lei si trova a Cisterna, città in cui la sensibilità artistica della politica è ancora più bassa di quella che aveva Tremonti. La maggior parte dei suoi concittadini ne ignora persino l’esistenza, solo i pochissimi appassionati della storia locale sanno che l’ex Mulino Luiselli, il rudere abbandonato che domina la parte settentrionale del Corso della Repubblica, un tempo era il Convento francescano di Sant’Antonio Abate. La struttura dotata di una chiesa, un campanile e un curioso chiostro a tre lati venne fatta edificare nel 1568 dal Duca Bonifacio Caetani, poco fuori le mura dell'allora città, fra la campagna e le case. Per due secoli, il Convento ospitò fra i dieci e i quindici frati e i Caetani si impegnarono ad abbellirlo chiamando i fratelli Zuccari, Girolamo Siciolante da Sermoneta e il francese Duperac. Le cronache dell’epoca descrivono la chiesa con sei altari e ricca di affreschi e dipinti. E a quest’epoca cui va dotata probabilmente anche la Santa stupita e preoccupata. Il chiostro riportava la vita di San Francesco come si usava allora e sotto la chiesa si trovava anche una serie di grotte e cripte simili a quelle sotto Palazzo Caetani. Poi nel XVIII secolo i frati e i Caetani litigarono per ragioni economiche e se ne andarono. Il Convento attraversò varie vicissidutini, fu affidato ad altri ordini poi fu sconsacrato e usato come porcile, cantina, stalla per le bestie. Passato alla famiglia Luiselli, agli inizi del Novecento, fu ampliato e trasformato in un mulino industriale. Intanto il suo tesoro artistico veniva disperso. L'altare centrale fu portato a Tor Tre Ponti, le campane a Sermoneta, un trittico a Roma. Gli affreschi furono ricoperti con l’intonaco e dimenticati. Poi negli anni Settanta il Mulino fallì e fu abbandonato al suo destino. Diventò così il rudere che vediamo oggi, quello che grazie alla sua posizione rialzata, domina tutta la città. Nell’area che lo circonda, dove c'era il rigoglioso orto-giardino dei frati oggi si rifugiano le coppiette in cerca d’intimità. Ma oltre all’incuria e all’abbandono, sul Mulino e sui suoi tesori si è allungata l’ombra cupa della speculazione edilizia. Nel 1993 viene presentato un progetto che ne prevedeva l’abbattimento e la realizzazione di un centro commerciale. Il WWF locale si ribella e fa ottenere dal Ministero dei Beni Culturali il vincolo di tutela. L’ex Convento entra a far parte del patrimonio artistico nazionale e diventa così protetto dallo Stato. La speculazione non si arrende e le tenta tutte per aggirare il vincolo fortunatamente senza riuscirci. La svolta arriva nell’ultimo anno, viene presentata una convenzione pubblico-privato: il Comune entrerà in possesso dell’ex Mulino e in cambio consente l’edificazione dell’area intorno. In pratica la condanna a morte del Convento, stritolato dal cemento e dall’asfalto. Il progetto, così come è stato presentato, inoltre distruggerà una parte del bene vincolato, le grotte sottostanti, devasterà il paesaggio e l’ambiente circostante. “Un accordo folle” –denunciano i volontari del Comitato “Sant’Antonio Abate” che lottano contro tutto e contro tutti per restituire il monumento alla città– “tutto a vantaggio del privato che guadagnerà da questa operazione quattro milioni di euro a fronte dei due milioni a vantaggio della Pubblica Amministrazione.” Il Comitato ha rivolto un appello al sindaco Merolla perché non firmi la Convenzione, in caso contrario sono pronti a ricorrere alla giustizia. Nel frattempo lavorano per mobilitare l’opinione pubblica e far conoscere alla città il suo tesoro dimenticato. Uno spazio che anziché essere massacrato da altro inutile cemento puo’ essere rivalutato e messo a disposizione per realizzare musei, mostre, spazi aggregativi per i giovani, lavori per cooperative sociali e associazioni di volontariato. Ma nel frattempo, da vent’anni almeno tutto è bloccato e il Mulino lentamente muore. I suoi capolavori rischiano di scomparire per sempre, qualcuno già non c’è più. Come la Santa della fotografia che ammiravamo prima, misteriosamente distrutta a picconate qualche anno fa.
Quest'articolo è stato pubblicato nel numero di dicembre di "Collettivamente", mensile dell'associazione Eupolis.
Quest'articolo è stato pubblicato nel numero di dicembre di "Collettivamente", mensile dell'associazione Eupolis.
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