sabato 28 luglio 2012

Il buio oltre settembre

I parcheggiatori di Cisterna
durante una manifestazione di protesta
L’incubo è iniziato con un articolo di giornale. Anita, piccola leader dei parcheggiatori cisternesi, lo tira fuori con cautela dal portafogli e lo mostra tutto spiegazzato. Il giornale informa i lettori che, la giunta cittadina ha approvato la delibera 110 con la quale liquida la convenzione con la cooperativa “Luminosa” e dall’autunno, il biglietto per le strisce blu si potrà acquistare, solo tramite i parchimetri.

Il guaio, ribadisce Anita con rabbia, è che anche loro –i parcheggiatori della “Luminosa”– hanno appreso la notizia così, dalla stampa. Eppure è una notizia che colpirà profondamente le loro vite, visto che, con la chiusura della Luminosa perderanno il lavoro. Un dramma, vista la difficile situazione economica e soprattutto se si considera anche la difficile situzione personale dei parcheggiatori: appartengono tutti a categorie particolarmente disagiati, sono invalidi civili, disabili o ragazzi autistici. “Il piccolo stipendio di 250 euro mensili” –raccontano con orgoglio– “insieme alla pensione d’invalidità ci ha consentito di essere autonomi e di vivere da soli”. Senza pesare sulle famiglie. Ma il futuro, ora, si è tinto di nero e rischia di ingoiare i loro sogni di autonomia. “In dieci anni di servizio” –spiega Anita– “è successo di tutto. Mai però la nostra situazione è stata così disperata.

Malgrado la delibera 110 auspichi per i lavoratori della “Luminosa” che, la ditta vincitrice dell’appalto dei parchimetri si “renda disponibile ad assumere in organico i dipendenti dell’attuale concessionario”, loro non sanno nulla del destino che li attende. “Abbiamo chiesto” –dichiarano– “un incontro con il sindaco, senza però ricevere nessuna risposta”. Silenzio totale anche dal resto della politica o dai sindacati. L’unica istituzione ad interessarsi del problema è la Polizia Municipale, che nella persona del vigile Mazzoli, si propone come intermediario e riesce ad ottenere per i parcheggiatori altri due mesi di lavoro, fino a settembre quando entreranno in funzione le macchinette. Poi il buio.

Questa situazione è assurda” –dichiara Riccardo Carletti, presidente di Eupolis, che ha seguito il caso– “vengono spesi migliaia di soldi pubblici per favorire l’autonomia dei disabili e degli autistici e, poi non si aiutano in nessun modo disabili e autistici perfettamente autonomi. Per molti di loro, questa situazione potrebbe portare anche a regressi e a perdite dell’autostima.” Ma loro non ci stanno a perdere le loro conquiste e hanno deciso di passare l’estate in lotta per i diritti. Hanno manifestato, hanno raccontato le loro vicende sul palco della manifestazione musicale “Rock Polis”, e hanno strappato lentamente l’attenzione dell’opinione pubblica. Il consigliere del PD, Gianni Isacco, ha promesso un’interrogazione a riguardo al prossimo consiglio comunale.

Le loro richieste sono chiare e precise: se non si può confermare il loro lavoro ai parcheggi, chiedono all’Amministrazione perlomeno un’alternativa per sopravvivere. “Ci piacerebbe” –propongono– “occuparci dei giardini della città, curare gli alberi, le siepi, i prati”. Ragionando in brutali termini numerici, i dieci parcheggiatori di Cisterna costano ai cittadini 28.000 euro l’anno. Di recente, sono stati spesi 34.000 euro per salvare una quercia secolare (come risulta dalla determina n.861/2011). Cosa vale più un albero o le vite di dieci persone messe insieme?

(quest'articolo è stato pubblicato su "Latina Oggi" il 28 luglio 2012 con il titolo "L'incubo dei parcheggiatorihttp://www.dagolab.eu/public/LatinaOggi/Archivio/58a282b39fc5dc0bedc2/pag23aprilia.pdf)

giovedì 26 luglio 2012

Queste cose in Nigeria non succedono

Il Cotral accosta a Borgo Piave. Si ferma ai margini della strada. L'autista spegne il motore e fa scendere dal Paradiso un numero imprecisato di Santi. E' velletrano strettissimo, antichissime espressioni di rabbia che -temo- i miei nipoti non sentiranno mai. Si è rotto il pullman e ci si prepara alla sosta inaspettata, supplicando il crudele dio dei trasporti pubblici che, tutto torni presto alla normalità. Il popolo del Cotral è di fede buddista e sopporta pazientemente il suo karma. Sul treno non sarebbe andata così. Lì i passeggeri avrebbero iniziato ad inviere e a ringhiare. Si sarebbero formati capanelli rabbiosi infarciti di luoghi comuni "perché tutto questo è uno schifo" "io il biglietto non lo pago più" "i politici mica li prendono i mezzi però! Loro vanno con l'auto blu." Sul Cotral no. I passeggeri si rassegnano facilmente e mentre si aspettano i meccanici, c'è chi legge un libro, chi mangia qualcosa, chi ride, chi canta. Sento suggerire all'autista nuove bestemmie per le prossime occasioni. Due anziani scendono e si affiancano ai meccanici: "Sono le sospensioni, è ovvio. Io me lo sentivo." I meccanici arrivano, finalmente. Smuovono e maneggiano la grande e stanca balena blu. Il Cotral, dice una relazione impietosa del suo collegio sindacale, ha trenta milioni di debiti cui si sommano cinquecento milioni di crediti dalla Regione (vedi http://www.tusciaweb.eu/2012/06/cotral-sommersa-dai-debiti/). Per sanare i bilanci si risparmia sugli autobus, vecchi, rotti e sporchi, sui contratti degli autisti e sulle corse. Il pendolare Cotral, come la gazzella di Aldo  Giovanni e Giacomo, si alza e ogni mattina sa che salterà una corsa. Ma a differenza della gazzella, è inutile correre più veloce del destino. L'unica cosa è sperare che la beffa tocchi a qualcun'altro.

Ne sanno qualcosa i due fratelli africani che, ogni mattina, aspettano la corriera con me. Puntuali alle sette e quarto, fra gli alberi odorosi della pista ciclabile. Il sole basso allunga le ombre e il mondo, ancora addormentato, si raccoglie in una meravigliosa armonia. Almeno una volta la settimana la corsa Cori-Cisterna-Latina non passa. Va a capire il perché. E nessuno ti avvisa, pensi con rabbia mentre devi inventarti il modo per raggiungere l'altra fermata a due chilometri di distanza dove, in genere, passano gli altri autobus per il capoluogo pontino. 

I due fratelli scuotono la testa. Ancora faticano a comprendere come funziona l'incomprensibile mondo dei trasporti. In Nigeria queste cose non succedono. Il sito Internet della Nigeria Transportation, ad esempio, è dettagliatissimo. Mostra autobus da film americani che corrono in polverose autostrade della savana e riporta con precisione orari e mezzi. Per decifrare il sito del Cotral è necessario un Nobel per la Fisica. Lo stile è vecchio e rigido, aggiornato probabilmente a vent'anni fa. Snocciola orari e vie, comune per comune, senza un'apparente logica. Sempre meglio comunque dell'orario cartaceo. I fogli appesi alle Autolinee di Latina riportano a caratteri cubitali: "scade il 4/05/2005".

domenica 22 luglio 2012

La provincia senza Provincia


Nel Lazio profondo la notizia è giunta all'improvviso, come un temporale alla fine di luglio. La gente affolla le edicole, legge le locandine della stampa locale, scuote la testa, perplessa. Il governo Monti ha deciso: via per decreto sessantaquattro province. Tutte quelle che non rientrano in due precisi criteri prestabiliti: avere almeno 350mila abitanti ed estendersi su una superficie territoriale di 2500 km quadrati. Chi non rientra deve fondersi con i vicini e raggiungere i limiti previsti.

Ma i calcoli di Roma dovranno scontrarsi con il durissimo campanilismo italico. La riforma rimette tutto in discussione: le proprie radici, la propria identità, il tifo calcistico di derby combattuti spesso all'ultimo sangue. Rivalità che talvolta risalgono a due-tremila anni fa. Nel Lazio, ad esempio, dove la riforma colpirà nel profondo, nascerà la provincia della Tuscia-Sabina che fonde Viterbo e Rieti, Etruschi e Sabini, la cui prima guerra risale ai tempi di Romolo e Remo. Appena uscita la notizia del decreto è già scoppiata la lite: si chiamerà Tuscia-Sabina o Sabina-Tuscia? A Rieti, pur di non finire con gli altri, sognano di scappare in Umbria, a Viterbo in Toscana.

Nella mia città, non si parla d'altro: è meglio tornare sotto Roma, come nell'Ottocento, o unirsi a Frosinone? Cosa scegliere fra un futuro da burini o uno da ciociari? Entrambe disdicevoli. Meglio Roma la Capitale! No, meglio Frosinone, Roma "ce magna tutto"!

A Latina, Fernando Bassoli, scrittore locale urla furibondo: "No alla frosinizzazione! Noi non abbiamo alcunché da spartire con la Ciociaria e il suo territorio, né a livello antropologico che socioculturale. Noi siamo Latina, la seconda città del Lazio, una realtà unica, e tale vogliamo restare!" E a Frosinone è ancora peggio perché potrebbe finire proprio sotto il controllo dell'odiatissima seconda città del Lazio. Basti pensare che ogni anno il derby allo stadio fra pontini e ciociari, fra pianura e montagna fa scattare l'allerta in Questura.  Dopo il 2 a 0 della scorsa stagione, Frosinone non potrà reggere l'onta di sottomettersi anche amministrativamente all'ex palude.

La cosa sta facendo discutere tutta l'Italia e nella difesa delle Province, il nostro Paese è meravigliosamente unito: dal Friuli dove Pordenone è pronta alla guerra per non sottomettersi ad Udine, alle Marche dove Macerata e Ascoli si litigano pezzi di confine prezioso per salvarsi. In Campania per evitare la fusione fra le rivali Benevento e Avellino si invoca la Costituzione, a Verbania sono pronti ad accettare il matrimonio con Novara ma pretendono almeno il doppio nome come Massa Carrara.

Ma al di là dei dibattiti storico-identitari, le Province sono enti inutili. Uffici spreconi dove viene riciclato il peggio dei partiti, fabbriche senza sosta di burocrati da sistemare e società partecipate. Sarebbero da eliminare tutte d'un colpo, dividendo le poche competenze rimaste fra le Regioni e i Comuni. Lasciare i confini attuali solo per calcoli statistici o per i distaccamenti del governo centrale come la Prefettura o la Questura.

Ma per farlo servirebbe una riforma della Costituzione e vent'anni di dibattiti hanno dimostrato che le province, anche se nessuno le vuole, sono intoccabili. Il governo, come in altre cose, ha agito con la scure, con i tagli lineari con un'operazione i cui risparmi sono difficili da calcolare ma creando di sicuro autentici mostri senza radici. Mostri che stanno lasciando perplessi molti Italiani.

I politici lo sanno e per non perdere poltrone preziose hanno iniziato la rivolta. In tutto lo Stivale non c'è sindaco o presidente di provincia che, in queste ore, non stia gridando allo scandalo. Nel Lazio è scesa in campo la governatrice in persona: Renata Polverini che parla di "numeri beffardi che ci fanno perdere Viterbo per 30 mila abitanti e Latina per 49 chilometri quadrati!" Latina e Viterbo ovvero (casualmente) i serbatoi elettorali della presidentessa. In Puglia sta per nascere un'associazione fra le province soppresse con lo scopo di far pressione su onorevoli e senatori per salvare il salvabile. E, con le elezioni in vista, anche politici nazionali sono pronti a strizzare l'occhio all'orgoglio cittadino e a mantenere il controllo dei territori.

Riuscirà Mario Monti a cambiare la cartina geografica italiana?


mercoledì 18 luglio 2012

Quest'articolo non lo volevo scrivere

Merolla e Carturan ai tempi della loro alleanza
Io quest'articolo non volevo scriverlo. Questo blog non è un giornale e non sono obbligato a dare tutte le notizie. Trovo così inutile dovere sprecare energie a queste cose: mentre fuori succede di tutto, il Palazzo cisternese si è avvitato sullo scontro fra il sindaco Merolla e il suo predecessore Mauro Carturan, presidente del consiglio comunale. 


Oggi lo scontro ha toccato il culmine con la sfiducia del consiglio a Carturan. In un aula semivuota per il boicottaggio dell'opposizione (che si è seduta fra i banchi del pubblico per "non cadere nella trappola"), il presidente è stato sfiduciato con i sedici voti della maggioranza. "Noi crediamo" -commenta su Facebook l'associazione Eupolis- "che questa sfiducia non sia farina del sacco di Merolla, ma riteniamo che nuovi burattinai siano pronti a mettere le mani sulla città.


Da qualche mese a questa parte, Carturan, sembra sia diventato il male assoluto. L'amministrazione Merolla ha fatto ben poco? Tutta colpa -secondo i merollas- dell'ex sindaco che ha bloccato l'attuale giunta in tutti i modi possibili e immaginabili. Inutile obiettare che, agli atti risulta che Carturan non abbia mai votato contro la sua coalizione. Dicono che abbia agito, dietro nel silenzio, nel segreto dei corridoi.  


Possibile che sia andata così: non stiamo parlando, in fondo, di un novello De Gasperi. La mia sensazione è che però Carturan sia solo il capro espriatorio di tre anni di disastri. E i prossimi due anni, purtroppo, non saranno diversi. Merolla dovrà reggersi con sedici voti su trenta, un solo voto di maggioranza, che lo sottoporrà senza tregua a ricatti e veti incrociati da parte di ogni singolo consigliere (ogni singolo voto infatti diventerà fondamentale). 


Come mi ha riferito una fonte anonima, poi Pdl e alleati si sono già spaccati sul nome del nuovo presidente del consiglio. Sarebbero almeno quattro gli aspiranti alla poltrona che fu di Carturan. E lo stesso Carturan potrebbe fare ricorso e tenersi quel posto ben stretto: non può essere sfiduciato per motivi politici, ma solo per ragioni istituzionali. E già che c'è chiedere anche i danni. Che ovviamente pagheremo noi. Come, indirettamente, stiamo pagando tutti questi mesi che, hanno perso a litigare sulle loro questioni personali.


Io non volevo dare spazio a ste cose. I giornali locali ne parlano da mesi. Io, al contrario, ho sempre cercato di dare voce al rovescio della medaglia: l'altra Cisterna che faticosamente, tenta di risollevare la città (vedi "La strana estate cisternese" e Woodstock a Palazzo Caetani).


E allora perché ho pubblicato questo articolo? 


Perché il consigliere Danilo Martelli (di cui mi occupai a suo tempo) oggi in consiglio ha dichiarato: "I giovani sono con noi!" 

Una frase del genere non potevo fargliela passare senza una replica. Essendo giovane, i giovani di Cisterna ne conosco molti. Non ho la presunzione di farmi portavoce della mia generazione ma, sappia caro Martelli, che posso dire con certezza, che delle vostre liti personali, non gliene frega niente a nessuno. Al massimo suscitate nausea e indignazione. E sperate che l'indignazione non trabocchi, che la nausea non si trasformi in vomito, che i giovani continuino a desiderare la fuga piuttosto che il cambiamento. Perché se cambia la mentalità, se i giovani non si dimenticano della grinta e dell'energia che si respirava la notte del Rock Polis, quelli come voi non sopravviveranno alle elezioni. Sarete spazzati via e la prossima sfiducia ve la voterete ai tavolini del bar. Ma voi tutto questo lo sapete già. Siamo noi, giovani, cittadini, onesti che, per vostra fortuna, non abbiamo ancora capito la nostra forza. 

sabato 14 luglio 2012

Woodstock a Palazzo Caetani

(foto di Danilo Chiariglione)
 Le rivoluzioni iniziano sempre con gesti simbolici. I francesi, per citare la più famosa, si presero la Bastiglia. Ieri sera, mentre il chiostro di Palazzo Caetani vacillava sotto i colpi del Rock Polis (la manifestazione organizzata dall'Associazione Eupolis e da Simone Sciarresi per le band emergenti) un gruppo di ragazzi si è arrampicato sul pozzo del chiostro. Lo hanno fatto senza pensarci troppo, probabilmente solo per vedere meglio visto che il chiostro traboccava di gente. Ma quel pozzo, secondo una leggenda, è la cisterna che avrebbe dato il nome alla nostra città. Ieri sera i giovani si sono letteralmente ripresi Cisterna.

Il contest, condotto da Jacopo Mariani speaker di Radio Cisterna, ha visto esibirsi piccoli gruppi nati da poco, cui è stata concessa la possibilità di esibirsi in pubblico. I gruppi sono stati perciò giudicati dalla giuria, composta da Maurizio Capone e Simone Tagliaferro (in rappresentanza del Portale Musicale), Vittoria Baccari, Maria Francesca Bartolomucci e Tommaso Marrone. 

Una scelta non facile, come hanno commentato dopo la serata, i giurati. Le sei band tutte dai nomi inglesi, l'italiano evidentemente è poco rock (The Skinny Elephant Project, The Trooper of ApolloBaltimoreListen and be quietFrench FriesFree Heads) si sono esibite mostrando, più o meno tutte, un'eccellente qualità. Alla fine la scelta della giuria è andata meritatamente sui "Listen and be quiet", che avevano appassionato anche il pubblico per la straordinaria capacità di stare sul palco. Una band che ha, all'attivo numerose esibizioni nei posti più svariati d'Italia ma nella loro Cisterna non trovava, incredibile ma vero, spazio.


I "Listen and be quiet" esultano dopo la vittoria
(foto di Danilo Chiariglione)
Il giorno dopo, Simone Sciarresi padre della serata, ancora sprizza felicità da ogni poro:  "Abbiamo vinto una prima battaglia" -mi scrive- "ma la guerra è alle porte! Ripartiremo presto con il bombardamento a suon di schitarrate. Questa è la nostra ossessione.

Non se l'aspettava, nemmeno lui, un successo simile. Un successo per la qualità dell'offerta musicale, per la quantità di gente presente, difficile da contare visti i tanti che hanno ascoltato la serata fuori dal Palazzo perché dentro la folla era troppa. 


Non c'erano politici e non c'erano giornalisti e nessuno ha sentito la loro mancanza. Impegnati a guardarsi l'ombelico, ad attorcigliarsi intorno a ragionamenti senza logica, a giustificare l'ingiustificabile, non se ne saranno neanche accorti del Rock Polis. Lo avranno liquidato l'evento come una Corrida locale, un X Factor de noatri, una Mariadefilippi dei butteri, una roba per genitori ingrifati dai prodigi del figliolo strimpellista con il loro codazzo di parenti ultras. Hanno negato a Rock Polis il privilegio della piazza "tanto non verrà nessuno", forse incosciamente qualcuno sperava anche nel suo fallimento. Se certe cose restano di nicchia, se l'impegno e il sudore portano solo alla sconfitta, chi troverà ancora la voglia di cambiare e di impegnarsi? Di rompere le scatole per pretendere spazio e diritti?



Ma d'altronde è sempre stato così. I potenti non c'erano a Woodstock. E il giorno della Bastiglia, il Re di Francia annotò sul suo diario: "Oggi non è successo niente". Se ne accorsero dopo, quando era tardi, di quello che stava succedendo.


(foto di Danilo Chiarglione)
Fortunatamente fra la folla c'era chi doveva starci. I giovani, i ragazzi. Qualcuno stupito si domandava: "ma fino a ieri dove stavano tutti quanti"? Stavano chiusi in casa oppure stavano lontano da Cisterna, a vergognarsi di vivere in una città indifferente, in una terra volgare da cui fuggire il prima possibile. Ieri sera, però, grazie alla forza del rock, si è scoperto che Cisterna è anche un'altra cosa. Cisterna è volgare solo nei pensieri e nei disegni degli indegni che ci comandano. Ieri, ancora una volta, questa strana estate cisternese ha dimostrato che questa città ha potenzialità enormi ma non lo sa come quelle ragazze magrissime che allo specchio si vedono obese e piene di difetti. 

Ma da ieri sera non sono più ammesse giustificazioni. Come quelli che si arrampicavano sul pozzo, abbiamo una città da riprenderci, senza chiedere il permesso a nessuno. La rivoluzione, signori, è appena iniziata. 

martedì 10 luglio 2012

La strana estate cisternese

foto di Danilo Chiariglione
Teatro, letteratura, musica emergente, arte, esposizioni, incontri, serate tipiche. E tutto di altissima qualità. Sembra incredibile, ma finora l'estate cisternese è riuscita ad essere al di sopra di ogni aspettativa. Era difficile sperarlo dopo quello che si era visto l'anno scorso con una programmazione che era stato il colmo del trash , roba da far impallidire tutto il ciclo dei film de Er Monnezza.

In molti se la presero per la venuta di Nino d'Angelo, un concerto che spaccò la città. Una scelta pare, fortemente voluta dal sindaco in persona, come almeno sembrò suggerire una radio locale che lo esaltò su Facebook: "Solo lui ha avuto tanto coraggio!". Probabilmente non erano ironici.

Ma il buon Nino almeno è una brava persona, impegnato da anni contro la camorra nei quartieri difficili di Napoli. Anche se di un genere ormai superato, almeno sa fare il suo mestiere. Purtroppo nell'estate 2011 si vide di peggio: avanzi di tutti i reality si alternarono per due mesi su Piazza XIX Marzo, musica neomelodica a palla tutta la notte e, per completare il quadro da paesone burino, politici che puntuali  -al termine di qualsiasi cosa pubblica, fosse la sagra della pecora o lo spogliarello di Cicciolina- salivano sul palco e si facevano campagna elettorale. In questa gara al peggio, si distinse per meriti un ex assessore: davanti a tutti, usò i suoi minuti di pubblica esibizione, per inginocchiarsi e chiedere alla sua fidanzata di sposarlo. "Tutta invidia" rispose a chi trovò inopportuno quello show. 

Quest'anno, per il momento, tutto questo non si sta ripetendo. I politici, impegnati ad insultarsi fra loro, si vedono poco. E, in compenso, grazie all'attività silenziosa e faticosa di tante piccole associazioni locali, è nata un'alternativa niente male. Per chi, ai protagonisti di Uomini e Donne preferisce gli incontri con gli scrittori e i giornalisti come nell'ultima edizione di Culture Pop (che vorrei ringraziare per aver organizzato, quest'anno, anche uno dei migliori concorsi di scrittura a cui abbia mai partecipato), preferisce la musica rock delle band giovanili che non ascolta nessuno (Rock Polis) o la riscoperta delle vecchie storie di Cisterna (O' Rozzo dell'Urdimo Vicolo). E mi scuso con le altre manifestazioni che non cito.


La strana estate cisternese però morirà se resterà confinata alle iniziative di pochi volenterosi. Sarebbe bello se le istituzioni lavorassero di più in questa direzione (chi ha tolto per futili motivi il cortile di Palazzo Caetani all'associazione Esso Chissi malgrado fosse stato prenotato da febbrario?) e sopratutto dalla parte più evoluta di questa città, quella che dovrebbe essere in prima linea per impedire che Cisterna passi solo per una terra di ignoranti, ma che poi non passa mai dalle tastiere alla realtà, dalle parole ai fatti.