giovedì 29 settembre 2011

Post a Rete unificata

Tutti i blogger d'Italia sono invitati a diffondere lo stesso post come segnale di protesta contro il comma 29, cosiddetto ammazza-blog. 


Il post che abbiamo scelto è di Bruno Saetta e spiega bene cosa non va in questa norma

Perché abbiamo scelto proprio questo post? Perché vogliamo sottolineare che la nostra non è 'indignazione automatica' ma una protesta informata. 


NO ALLA LEGGE BAVAGLIO!

venerdì 2 settembre 2011

Pietre coreane/8

Ottava parte

Per leggere la terza parte: http://strane-storie.blogspot.com/2011/08/pietre-coreane3.html
Per leggere la quinta parte: http://strane-storie.blogspot.com/2011/08/pietre-coreane5.html 
Per leggere la settima parte: http://strane-storie.blogspot.com/2011/09/pietre-coreane7.html

Chiusa la storia delle scritte e dopo aver mandato segretamente un regalo ad Alex per scusarmi, tornai a dedicare le mie energie alla punizione che avrei dovuto infliggere al Corea.
Jack Bicipite sembrava cambiato sul serio. Convinse suo padre a mandarlo a studiare fuori città, lontano dalla maschera che si era costruito. Nei mesi successivi diventò un ragazzo serio e riuscì a farsi nuovi amici. Imparò a sfogare le sue inquetudini attraverso la musica e diventò il batterista di una piccola band rock.

Dopo una settimana di tormenti decisi che era giunto il momento di passare all’azione. Avrei scavato senza pietà nell’inconscio del Corea e –ne ero certo– qualcosa sarebbe senz’altro saltato fuori.
Quella notte tornai così in quella villa col giardino profumato. Gli alberi ben curati erano immobili come l’aria notturna.
Mi fermai vicino ad un grande vaso. Giunsi le mani, le aprii e quando si formò lo schermo scrissi: “COREA”
Mi ritrovai sempre lì, vicino al vaso.
Perplesso iniziai a guardarmi intorno. Sentii un singhiozzio poco distante.
Mi spostai ancora, sempre muovendomi con estrema cautela.
Ero vicino alla piscina adesso. C’erano i resti di una festa finita da poco, gli invitati se n’erano andati ormai tutti. Era rimasto solo il padrone di casa, il Corea, seduto su una sedia a dondolo.
Eccolo il maledetto. Solo, senza nessuno, senza i lecchini, gli zerbini, la famiglia, la servitù. Solo con i suoi incubi, come ogni uomo.
Il viso era contratto e infelice, guardava malinconico l’acqua placida impastata di cloro.
Stringeva fra le mani un reggiseno rosa. Poi lo gettò a terra e si asciugò le lacrime con un fazzoletto.
Piangeva? Il Corea stava piangendo?
Probabilmente –insinuai malignamente– gli è andata male con quella ragazza. Mi domandai dove fosse sua moglie. Perché non stava lì a consolarlo?
Mi portai le dita alla tempia ed entrai.
Ci ritrovammo in un vasto deserto. All’orizzonte non c’era nulla, nemmeno il cielo. C’era solo lui, il potente Corea, solo nel deserto e basta.
Così tutto mi fu chiaro.
Uscii dal suo inconscio e tornai a guardarlo.
Aveva soldi, aveva il potere, aveva le donne, era temuto e rispettato ma era probabilmente l’uomo più solo di tutta la città.
Non aveva un amico.
Non aveva una famiglia. I figli e la moglie lo disprezzavano. Si limitavano ad usare di riflesso la sua forza.
Non aveva nessuno che gli volesse bene.
Provai pena per lui.
Compresi che non c’era bisogno del mio intervento. Lentamente scivolai fra le piante e tornai a casa.

Fu una decisione che non fu accettata dai miei amici. In particolare Chiara mi accusò di essere un buonista: “Ti sei arreso proprio nel momento in cui forse era più facile attaccare quel bastardo”
“E’ vero il Corea mi ha fatto compassione” –le risposi– “ma continuo a pensare che non debba guidare la città. Continuo a pensare, che in certi posti di responsabilità dovrebbe starci il meglio di una società, non gente corrotta anche nell’animo come lui. Ma non è compito di un Mostro come me mandarlo via. Spetta alla gente, alle persone condurre il destino della propria terra verso destinazioni diverse. Se tutti sono indifferenti ed egoisti, se il bene di tutti non interessa a nessuno, io posso anche costringere il Corea ad andarsene. Ma la gente egoista e indifferente manderà al posto suo un altro come lui e la storia si ripeterà. Io penso sia possibile combattere l’indifferenza e costruire un mondo migliore. Ma anche questo non è il compito di un Mostro. Io quella notte mi ero recato lì per punire il Corea e ho visto il vero volto di Silvano Borelli: un uomo solo e infelice. E non esiste una punizione peggiore di questa.” 

FINE

giovedì 1 settembre 2011

Pietre coreane/7


Settima parte
Per leggere la terza parte: http://strane-storie.blogspot.com/2011/08/pietre-coreane3.html
Per leggere la quinta parte: http://strane-storie.blogspot.com/2011/08/pietre-coreane5.html 

Entrai distrattamente nel Salone. Le Voci ulularono per salutarmi.
Sul muro pulito da poco c’era stato un nuovo tentativo di vandalismo.
“Ora basta!” sbottai.
Immaginai già la faccia di Alex ricoperta di scritte.
Le Voci ulurarono più forte.
“Non è il momento!” dissi loro.
Camminando a passo veloce tornai alla piazzetta dell’aggressione, quindi svoltai davanti casa di Alex.
Aspettai ben nascosto che tornasse da scuola. Alex mangiò senza voglia, guardò un po’ di televisione e si assopì sul divano.
Grande errore!
Si risvegliò in quella che era probabilmente la sua cameretta.
Sentì qualcosa prudergli la mano destra e iniziò a grattarsela nervosamente. Ma più si grattava più la mano prudeva e così doveva grattarsela sempre più velocemente. Grattava, grattava, grattava. Grattò così forte che la pelle si strappò all’altezza del polso. Alex cacciò un urlo ma non poteva smettere di grattarsi frenetico. La pelle si lacerò del tutto e la mano staccatosi dal braccio, cadde a terra con un tonfo. Il prurito era passato e il ragazzo si accasciò sul letto per riprendere fiato.
La mano, dopo un momento di esistazione, riprese vita e inizio a correre nella stanza. Poi si arrampicò sulla scrivania, prese un pennarello e inizio a scrivere dapertutto. Alex correva dietro alla mano supplicandola di smettere ma la mano era più veloce. Poi di colpo si girò e puntò alla sua faccia, riempendola di scritte. Tutti i pennarelli presero vita e iniziarono a scrivergli sulla faccia. Alex si dimenava e urlava, si dimenava e urlava ma non poteva sfuggire alla loro furia. Si svegliò piangendo. La mano era ancora al suo posto e i pennarelli non gli avevano deturpato il volto. Ma per calmarsi del tutto, dovette correre in camera e verificare che nulla era cambiato.
“Spero avrai imparato la lezione” bofonchiai, rientrando nel Salone. Dovevo riposarmi e pensare a come punire il Corea. Con lui non sarebbe stato, purtroppo, così facile.
Le Voci urlavano così forte che si udivano anche lì fuori. Che stava succedendo ora?
Aprii trafelato il cancello e il portone e mi guardai intorno. Dylan (Dylan!) aveva azzannato al polpaccio una strana creatura: aveva la pelle verdegnola, la faccia butterata, i vestiti lisi. E in mano una bomboletta spray.

Santa Luna! Alex non c’entrava niente!

Ma in fondo –ragionai– se io stesso avevo dovuto attendere fuori casa che tornasse da scuola, come poteva star in due posti contemporaneamente?
Mi sentii profondamente in colpa.
Ma il tempo per i rimorsi sarebbe venuto dopo. Ora bisognava capire chi fosse l’essere con la bomboletta spray e i propositi omicidi verso Jack Bicipite.
“Dylan puoi lasciarlo andare! Ottimo lavoro!” Dylan mi salutò contento e con la sua andatura goffa e incerta se ne tornò nei sotteranei. Le Voci gridavano impazzite e chiedevano il sangue della creatura.
L’esserino mi guardò con i suoi occhi torvi e sospettosi: “Brutto bastardo!” –sibilò– “non lo hai ancora ucciso! Bella giustizia la tua!”
“Credo sia buona educazione presentarsi. Io mi chiamo Urano ma credo tu mi conosca già.”
La creatura ignorò il mio saluto: “Voglio la sua testa. La testa di Jack Bicipite!” poi decise di allontarnarsi. Le Voci protestarono furiose.
Lo afferrai per il bavero e lo trascinai davanti a me: “Ti ripeto le regole della buona educazione…”
“Sei un autentico rompino!” –sbottò con la sua faccetta color muffa– “mi chiamo Icarius, un tempo invece ero Giacomo.”
“Scusa ma non capisco”
“Ma non vedi la mia pelle decomposta, i miei vestiti rovinati, i miei occhi, non senti la mia puzza…insomma io sono un cadavere!”
“Oh!”
“Sono morto in un incidente stradale molti anni fa. Non vedi i miei vestiti? Ti sembra che oggi sia sepolto ancora qualcuno con questi vestiti?”
“Non me ne intendo ma…”
“Bene. Io riposavo nella mia bara, quando Jack Bicipite e i suoi amichetti una sera profanarono la mia tomba.”
“Caspita!”
“Spaccarono la lapide, tirarono fuori la bara e poi tentarono di aprirla, riuscendo però solo a sfregiarla. Quindi la sfondarono con un’accetta, fecero uscire il mio corpo ma si spaventarono e mi lasciarono così mezzo dentro e mezzo fuori. Il guardiano arrivò solo alle nove del mattino e così rimasi esposto al sole per diverse ore. Quelle sufficienti per sdoppiarmi. Così la mia anima è rimasta nell’aldilà e il mio corpo nella bara, ma le mie ossessioni si sono materializzate in questo corpo e sono tornate a vagare nel mondo. E non guardarmi con quella faccia! Sai benissimo che tutto ciò è possibile, unendo ai raggi solari una certa combinazione di aria, vento e terra.
 D’altronde anche tu…”
“Cosa vai dicendo?” –sobbalzai– “Io non sono nato dai cadaveri. Io sono di alta qualità! Io sono dotato di anima!”
“Si si va bene. Ma è la mia storia quella importante o no? è la mia storia che devo raccontare o no?”
“Mi sembra che hai già detto tutto. Senti Jack è già stato punito ed ora si è pentito di tutte le sue colpe.”
“Voglio la sua testa!”
“Sai benissimo che per te non c’è scampo. Il suo sangue non ti darà la pace che cerchi, una volta ucciso Jack Bicipite un nuova ossessione tornerà a tormentarti.”
Era orribile essere un Ossessionato. Sono eterni prigioneri delle loro ansie e delle loro angosce. Non c’è speranza per loro perché tutte le cose belle della vita sono rimaste nella tomba o forse sono volate nell’aldilà. Per loro, solo la morte è l’unica liberazione.
Ma Icarius-Giacomo non la pensava così. Urlandomi che era un traditore venduto e vigliacco si allontanò rapidamente.

Continua...